L’apertura della coppia

L’apertura della coppia: fattore e crescita e dovere di testimonianza

Il sacramento del matrimonio è un dono da condividere con gli altri, pa­renti, amici e la comunità intera, e non solo nel momento della celebra­zione, ma anche in seguito. Spesso lo si considera invece come un fatto personale da vivere in privato. Ci sono sicuramente momenti in cui ab­biamo bisogno degli altri (amici, familiari, comunità ) e ci devono essere anche momenti in cui due sposi e l’intera famiglia si a­prono di loro spontanea volontà. Dobbiamo sentire questo “respiro aper­to” al mondo. D’altra parte il nostro amore rischia di rimanere presto soffocato, di rive­lare insufficienze e crepe se non si apre in maniera equilibrata e sana alla comunità. Si avverte oggi la tendenza quasi a nascondere agli altri la propria realtà di coppia e di famiglia, o comunque a non darle più di tanto visibilità all’esterno. Nella considerazione sociale vengono invece privilegiate ben altre realtà: il lavoro, l’organizzazione, l’efficienza, l’intraprendenza e­conomica, il successo, la posizione politica, gli impegni pubblici.
L’essere padre e madre ,ma soprattutto l’essere marito e moglie viene dopo, molto do­po, come se questi valori appartenessero ad un’esperienza che rimane re­legata nel privato, estranea a tutto il resto attorno a cui ruota invece la ve­ra vita. Così viene a rafforzarsi l’idea che il matrimonio è veramente un affare a due, che appartiene all’ area dell’optional e del gusto privato. Partendo dal presupposto — più che mai vero per i cristiani — che l’amore coniugale è “segno” dell’amore di Dio nel mondo, ci chiediamo quanto sia giusto nasconderlo o metterlo sotto il moggio, come dice il vangelo, tenerlo e goderlo solo per noi stessi o invece diffonderlo, espanderlo in mezzo agli altri, tra gli amici, nell’ambiente di lavoro, nelle realtà del no­stro impegno sociale o di tempo libero. Siamo consapevoli che l’apertura, l’incontro e il confronto con gli altri finiscono anche con l’arricchire di stimoli e di sane provocazioni noi stessi e la nostra vita di coppia? Abbiamo l’impressione che il tempo da­to agli altri sia tempo rubato alla coppia o costituisca invece una autenti­ca boccata di ossigeno per la nostra stessa vita?

La parola di Dio

“In quel tempo gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto ed insegnato. Egli disse loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, riposatevi un po’». Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo per man­giare. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte” (Marco 6,30-31)

Gesù insegna loro a fare quello che faceva Lui: ad equilibrare azione e contemplazione, intimità e apertura. Ci vogliono entrambi nella vita di coppia. L’intimità senza l’apertura porta al rischio di chiuderci in noi stessi (siamo noi tutto il mondo), di impoverirci e di annoiarci; l’apertura sconsiderata agli altri senza una no­stra intimità, senza cioè “un tempo nostro”, conduce facilmente a cercare la propria realizzazione fuori e a non saper stare più bene fra di noi. Ma c’è di più.

“E incominciò a mandar-li a due a due ” (Marco 6,7).

“Ecco io sono con voi tutti i giorni sino alla ,fine del mondo” (Matteo 28,20).

“Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio” (1 Pie­tro 4,10).

“Quello che abbiamo veduto ed udito noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è con il Padre e col Figlio suo Gesù Cristo” (1 Giovanni 1, 3) “Voi siete..,

il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce” (1 Pietro 2,9).

Da questi altri testi si evince chiaramente che il sacramento del matrimo­nio inserisce noi sposi nella ministerialità della Chiesa, cioè ci rende par­tecipi di un servizio, di una missione: quella di annunciare il Vangelo a­gli altri proprio attraverso il nostro amore coniugale e il nostro impegno di testimonianza all’interno e al di fuori della nostra famiglia. Anche noi sposi siamo missionari: siamo evangelizzati e siano chiamati ad evangelizzare. La coppia, la famiglia diventa così essa stessa una “piccola chiesa domestica” che annuncia e vive sin dalla propria casa il vangelo che salva, per irradiarlo poi agli altri.

Tutti conosciamo che cosa succede quando gettiamo un sassolino in uno stagno. La forza d’impatto genera un primo movimento d’acqua a forma di cerchio, il quale a sua volta spinge in tutte le direzioni generando un secondo cerchio più grande; poi un terzo, un quarto e così via. Tutti que­sti cerchi sono concentrici, quasi a sottolineare che nascono dal primo e ne sono l’irradiazione. L’energia che scaturisce dal sacramento del ma­trimonio produce e sprigiona un fenomeno simile. Un primo cerchio d’irradiamento avviene all’interno della coppia stessa: il coniuge aiuta l’altro a crescere nella sua umanità, nella sua fede e nell’amore. Solo dopo si crea il secondo cerchio (i figli accolti con fidu­cia e con amore) e poi il terzo (i familiari che nel corso della vita posso­no aver bisogno di appoggiarsi a noi), il quarto, il quinto cerchio attra­verso i quali la casa si fa “aperta” a tutti gli altri, a quanti, anche occasionalmente, “cascano” nel cerchio del nostro amore, anche se lontani.

Signore,
fa’ che la porta della nostra casa
e, ancor più, quella del nostro cuore
si apra alle richieste dei fratelli.

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